L'alimentazione del bambino da 0 a 3 anni
Una corretta alimentazione fin dalla nascita, assieme ad uno stile di vita sano, rappresentano i due più importanti fattori ambientali che uniti, ovviamente, ad un patrimonio genetico favorevole, ci consentono di raggiungere la longevità in uno stato di buona salute.
Il primo anno è il periodo della vita in cui l’accrescimento corporeo è il più rapido in assoluto. Il peso del neonato, infatti, raddoppia a 4 mesi e triplica a 12 mesi mentre la lunghezza, nello stesso arco temporale, aumenta del 50%, portandosi dai 50 cm. della nascita, ai 75-76 dell’anno di vita. Nello stesso tempo si assiste alla progressiva differenziazione di organi ed apparati tra cui particolare importanza riveste lo sviluppo del sistema nervoso centrale e periferico. Il fabbisogno energetico, espresso in Kcal/Kg, raggiunge la media delle 100Kcal/kg, essendo più elevato nei primi 3 mesi e assestandosi appena sotto questo valore nel secondo semestre di vita. Perché tutto questo si compi nella normalità svolge un ruolo fondamentale l’alimentazione che deve garantire nutrimento e sviluppo, deve cioè essere completa ed equilibrata in tutti i suoi componenti. Una carenza quantitativa o anche solo il deficit di qualche micronutriente essenziale, può comportare la compromissione dello stato nutrizionale o qualche anomalia funzionale come l’alterazione dello sviluppo neurocognitivo.
Le ricerche nutrizionali hanno dimostrato che il latte materno è l’alimento ideale, perché completo e specie-specifico, che soddisfa le esigenze di crescita e sviluppo del bambino fino al compimento del 6° mese di vita. Inoltre esso è raccomandato, accanto ad alimenti diversi, per tutta la prima infanzia ed anche oltre. E’ consigliato integrare la dieta lattea, a scopo preventivo, solo con l’aggiunta della vit. D e della vit. K(per i primi 3 mesi), mentre per la quota di ferro, pur ridotta, ma ad elevata biodisponibilità, non è necessario alcun aggiustamento. Garantire per i lattanti un allattamento naturale esclusivo per i primi 6 mesi e la sua continuazione per tutto il primo anno, offre vantaggi non solo ai bambini ma anche alle madri, alle famiglie ed all’intera società. Infatti esso determina, nel lattante, una riduzione dei casi di diarrea infettiva grave, delle malattie respiratorie, delle allergie, dell’otite media e delle infezioni batteriche gravi. Le madri che allattano hanno un ridotto rischio di emorragie post-partum, un ritorno più naturale al peso corporeo precedente la gravidanza, una minore incidenza di tumori ovarici, della mammella e un miglior bilancio osseo dopo la menopausa e un ritardo nella ripresa dell’ovulazione e, quindi, un minor rischio di gravidanze precoci. I vantaggi per le famiglie sono il risparmio di denaro per l’acquisto del latte adattato, di biberon e tettarelle. Quelli per la società comprendono la riduzione della spesa sanitaria, per la minore frequenza di patologie acute nei bambini e per una minore perdita di giorni lavorativi delle madri a causa di malattie dei figli. Inoltre il perseguire una sana alimentazione nei primi tre anni di vita è, assieme alla promozione dell’attività fisica, uno degli interventi principali per il controllo dell’obesità.
Il governo dovrebbe, quindi, promuovere una maggiore adesione all’allattamento al seno per l’intero primo anno di vita del bambino, potenziando le norme già esistenti per la protezione della maternità e consentendo maggiori agevolazioni alle donne lavoratrici che intendono allattare i propri figli. E’, infatti, ancora bassa la percentuale delle donne che, una volta iniziato ad allattare, lo fanno fino al 6° mese ed ancora più bassa quella delle donne che proseguono fino all’anno di vita del proprio figlio. L’incentivazione dell’allattamento al seno si basa su semplici regole e consigli che devono essere impartiti ai genitori già durante la gravidanza ed applicati dall’inizio. E’ necessario sensibilizzare la madre e tutti coloro che si occupano del bambino, sull’importanza dell’allattamento naturale, sui vantaggi, sulle tecniche di posizionamento ed attacco del neonato al seno materno, per ridurre al minimo l’evenienza, sempre possibile, di ingorgo mammario e ragadi, che sono spesso responsabili di abbandono dell’allattamento. Bisogna operare nell’aumentare il convincimento della capacità di allattare per lungo tempo e fare leva sul naturale amore materno ponendo, ad esempio, il bambino a contatto “pelle-a-pelle”, sul petto e la pancia della mamma subito dopo il parto, stimolando la capacità del neonato di “sentire” ed attaccarsi al seno e permettere il contatto madre-figlio per circa un’ora almeno 8 volte al giorno nei primi giorni di vita. Una produzione di latte di 600 ml al giorno alla fine della seconda settimana è un indice affidabile di una quantità sufficiente di latte nelle settimane successive. Bisogna garantire alla madre un’atmosfera serena, anche attraverso la presenza attiva del marito ed evitare situazioni stressanti che possono ostacolare il flusso del latte, non la sua produzione, e portare a stasi ed ingorgo. Se il neonato, per patologia o prematurità, è trattenuto in ospedale, la madre deve essere istruita nella tecnica di estrazione del latte mediante spremitura o tiralatte ed il latte raccolto deve essere somministrato al bambino. E’ importante che la prima visita pediatrica avvenga entro il 3°-5° giorno dopo la dimissione del nato a termine, per permettere al Pediatra di impartire i dovuti consigli di allattamento e di gestione delle necessità alimentari del bambino. L’esistenza di ingorgo mammario o di ragadi al seno non devono essere motivo di sospensione dell’allattamento, come pure la loro evoluzione in mastite, anche in caso di terapia antibiotica materna. La madre deve essere informata su come individuare i segnali del bisogno di allattare e di come convenga procedere ad un allattamento a “libera domanda” o “a richiesta” da parte del bambino. Il Pediatra, durante le visite di controllo, deve tendere, con opportune parole di approvazione, a mantenere alta l’autostima della madre e, qualora fosse necessario integrare con micronutrienti l’alimentazione del bambino sotto i 6 mesi, dovrebbe scegliere di migliorare la dieta materna prima di introdurre alimenti diversi in quella del bambino.
Attorno ai 6 mesi la maggior parte dei bambini mostra interesse per altri alimenti, oltre al latte materno. Inoltre, possono stare seduti con un sostegno e accettano il cucchiaino che tendono a pulire con il labbro superiore invece di limitarsi a succhiare. Bisogna quindi approfittare di questa “predisposizione temporanea” per iniziare con l’introduzione di nuovi alimenti tenendo presente che dai 6 mesi il latte materno non è più sufficiente a soddisfare, da solo, le più complete esigenze nutrizionali del bambino. Questa fase dell’alimentazione del lattante, che viene comunemente chiamata “svezzamento o divezzamento”, dovrebbe meglio essere denominata come il passaggio ad una “alimentazione complementare”, per porre appunto l’accento sulla complementarietà di questi alimenti nella dieta, basata ancora sulla prevalenza del latte materno, e non sul distacco da questo alimento, come la parola “svezzamento”, parrebbe indicare. I primi alimenti da introdurre, denominati di transizione, avranno una consistenza semisolida ed una granulometria opportunamente ridotta, come le creme di cereali(riso e mais e tapioca), l’omogeneizzato o meglio il liofilizzato di carne, a cui si aggiungerà l’olio extravergine di oliva. La base per amalgamare questi alimenti è il brodo vegetale formato da tutte le verdure fresche di stagione o preparato ricorrendo ai prodotti liofilizzati del commercio. Il nuovo pasto potrà essere completato, fin dall’inizio, con frutta fresca grattugiata od omogeneizzata(pera e mela). A questi alimenti di transizione si assoceranno, gradualmente , altri alimenti, i cosiddetti alimenti familiari, che, ricchi di principi nutritivi e micronutrienti, costituiscono la dieta variata dell’adulto.
Iniziare troppo presto l’alimentazione complementare non è consigliato perché:
- Il latte materno può essere sostituito da alimenti di minore qualità che potrebbero non avere il tipo di nutrienti e l'energia necessaria alle esigenze del lattante; dare altri alimenti può, inoltre, far diminuire la produzione e l'offerta di latte materno.
- I lattanti non sono ancora in grado di digerire alcuni alimenti.
- L’esposizione precoce ad agenti patogeni, che possono contaminare gli alimenti e i liquidi complementari, aumenta il rischio di diarrea che compromette la crescita.
- L’esposizione precoce ad alcuni cibi può scatenare allergie.
- Le madri anticipano il ritorno del periodo fertile perché la riduzione delle poppate riduce la durata della soppressione dell’ovulazione mettendole a rischio di una gravidanza non programmata. Le madri, abbandonato il metodo fisiologico dell’amenorrea da allattamento, devono utilizzare il metodo farmacologico per scongiurare una gravidanza. I contraccettivi orali limitano la produzione del latte(per la componente estrogenica).
Ritardare troppo a lungo l’introduzione degli alimenti complementari non è consigliato perché:
- Il latte materno, da solo, non è in grado di fornire abbastanza nutrienti ed energia con conseguente flessione della crescita.
- Il latte materno, da solo, potrebbe non garantire l’apporto sufficiente di alcuni micronutrienti, soprattutto ferro e zinco.
- Potrebbero esserci conseguenze negative sullo sviluppo delle capacità motorie della bocca, come la capacità di masticare, come anche sulla capacità di accettare nuovi sapori e cibi di consistenza aumentata.
Il latte materno rimane la fonte principale di nutrimento per tutto il primo anno. Successivamente gli alimenti familiari acquistano progressivamente maggiore valore ma il latte materno può essere presente per tutto il secondo anno ed anche oltre rispettando la volontà della madre di continuare ad allattare, come validato dall’OMS, dall’UNICEF e da Organismi pediatrici nazionali ed internazionali.
Alcuni bambini non allattati al seno, fanno un uso eccessivo di latte adattato sotto l’anno e di latte di crescita nel secondo anno di vita, limitando l’assunzione e la diversificazione degli alimenti complementari ricchi di nutrienti. Un bambino che beve un litro di latte al giorno soddisfa solo per i 2/3 i suoi bisogni energetici e lascia ben poco spazio ed appetito per altri salutari alimenti. Per questo motivo si consiglia il consumo di non più di ½ litro di latte al giorno dopo il secondo semestre di vita. Se si ricorre al comune latte vaccino, nel secondo anno di vita, bisogna utilizzare il latte intero, fresco o a lunga conservazione, perché il latte scremato(<0,5% di grassi) e quello parzialmente scremato(1,5-2% di grassi), hanno un contenuto energetico ed in vitamine liposolubili significativamente inferiore rispetto al latte intero e non sono indicati nei bambini sotto i 3 anni.
I derivati del latte cosiddetti “fermentati” cioè lo jogurt ed i formaggi, che possono essere introdotti dal 6°-7° mese, sono ricchi di proteine ad alto valore biologico, di calcio e fosforo.
Sembra che i bambini mangino di più quando ricevono una dieta varia, rispetto a quando hanno una dieta limitata e monotona. Per questo è importante presentare loro i nuovi alimenti con una certa variabilità e ritentare, dopo qualche giorno, l’introduzione di un dato cibo inizialmente non gradito ma salutare, per ampliare progressivamente questa diversità. Anche in questo principio i bambini allattati al seno sembra siano più avvantaggiati rispetto a quelli allattati artificialmente, perché sono abituati ai sapori della dieta materna veicolati con il latte.
Almeno per tutto il primo anno, l’aggiunta di sale nella preparazione della dieta complementare, non è raccomandato(predisporrebbe all’ipertensione in età adulta), così come l’aggiunta di zucchero(cariogeno). Anche il miele non deve essere usato sotto l’anno di età. Oltre ad essere cariogeno, può contenere le spore di “Clostridium botulinum”, l’agente causale del botulismo, che provoca una tossinfezione alimentare, che l’acidità dello stomaco del bambino piccolo non è in grado di neutralizzare.
La verdura, dapprima come brodo ed in seguito come passato, e la frutta adoperata fin dall’inizio, sono alimenti importanti. Essi contengono le vitamine del gruppo B, minerali come potassio e magnesio, amido e fibre. La vit. C in essi contenuta, favorisce l’assorbimento del ferro dei cereali e dei legumi. Le verdure con foglie verde scuro e la frutta color arancio, sono ricche di carotenoidi, precursori della vit. A. Questi cibi sono ricchi anche di folati, antiossidanti e fitosteroli. Vanno, pertanto, offerti in grande varietà per soddisfare le richieste di questi micronutrienti. Le verdure vanno cotte, preferibilmente, al vapore o in poca acqua per impedire la dispersione di queste sostanze. La frutta sotto forma di “succo di frutta”, ottenuto mediante spremitura, contiene tutti i componenti della frutta ad eccezione delle fibre. I succhi di frutta contengono, però, anche zuccheri semplici come glucosio, fruttosio e saccarosio e, se assunti in discreta quantità, oltre ad essere cariogeni, possono ridurre il consumo di latte materno e di altri importanti alimenti e determinare feci molli o franca diarrea. Per queste ragioni, si raccomanda non più di 120-180 ml di succo di frutta al giorno. Inoltre l’uso del biberon per dare queste bevande od altre ugualmente zuccherate, specie al momento di coricarsi, deve essere evitato in quanto tale pratica è responsabile dell’insorgenza di corrosione dello smalto e vera e propria carie degli incisivi(la cosiddetta “carie da biberon”).
Anche altre bevande comuni e frequentemente disponibili per i bambini, andrebbero utilizzate con più parsimonia. Mi riferisco, ad esempio, al tè che contiene tannino ed altre sostanze che legano il ferro, riducendone l’assorbimento. Inoltre, è spesso reso troppo dolce e, quindi, può provocare carie. Le bevande gassate zuccherate devono essere evitate per lo stesso motivo. Anche le tisane naturali vanno limitate. La camomilla ed il tè verde hanno, infatti, lo stesso effetto avverso del tè sull’assorbimento del ferro.
La carne contiene proteine di alto valore biologico in quanto formate da amminoacidi essenziali cioè non sintetizzabili dall’organismo, che, per essere disponibili, devono essere introdotti con l’alimentazione e minerali molto importanti quali ferro e zinco. Tutti i tipi di carne, opportunamente dimensionate, possono essere introdotte nel corso del secondo semestre di vita, tenendo nel giusto conto che quelle rosse hanno il più elevato contenuto di ferro biodisponibile. Anche il fegato è un alimento motto ricco di ferro e vitamine, ha il vantaggio di essere più economico della carne e può essere preparato in casa non essendo fibroso come la carne frullata.
Un altro alimento “familiare” ed economico, che possiede un elevato contenuto di proteine di alto valore biologico, è l’uovo. In esso è presente una elevata quantità di fosfolipidi che entrano nella composizione delle membrane biologiche, un rapporto acidi grassi saturi/polinsaturi favorevole a quest’ultimi e molto ferro anche se meno biodisponibile rispetto a quello della carne. L’uovo va consumato a partire dall’ottavo mese di vita(tuorlo) e cotto per bene perché può veicolare “salmonelle”. Negli allergici è bene introdurlo dopo l’anno dapprima come tuorlo ed in seguito come uovo intero.
Anche il pesce è un alimento di alta qualità in quanto ricco di proteine ed amminoacidi essenziali e povero di grassi. Questi sono rappresentati in prevalenza da grassi polinsaturi a catena lunga(“omega 3”), importanti per lo sviluppo del sistema nervoso. Il pesce contiene ferro e zinco, anche se in minore concentrazione rispetto alla carne, e quello di mare è la principale fonte di iodio per i bambini dopo il latte.
Prima di concludere questa rassegna, sicuramente non esaustiva, sull’alimentazione del bambino da 0 a 3 anni, mi sembra opportuno condensare in pochi richiami come, chi si occupa del bambino, deve agire per instaurare, fin dall’inizio dell’alimentazione diversificata, un’atmosfera ed un rapporto tale da garantire il massimo benessere dalla pratica alimentare. Si possono distinguere quattro variabili in una alimentazione appropriata:
- L’adattamento del modo di alimentare alle capacità psicomotorie del bambino(che abbiamo visto essere presenti attorno al 6° mese di vita, come la capacità di accettare cibi di consistenza aumentata e l’uso del cucchiaino).
- L’offerta di cibi diversi man mano che aumentano le necessità nutrizionali e la risposta all’accettazione sostenuta dall’incoraggiamento materno.
- L’interazione positiva tra mamma e bambino con il potenziamento della comunicazione affettiva.
- L’organizzazione del pasto che deve comprendere la preparazione, la durata, la frequenza e l’attenzione alla sicurezza del bambino.
Adattarsi alla risposta del bambino al cibo offerto significa saperlo rendere partecipe e consapevole, con il passare del tempo, dell’accettazione di un determinato cibo, assecondando i propri gusti e la tendenza di volerlo manipolare anche afferrandolo con la mano. Bisogna saper dare il tempo al bambino di reagire, passando dalle fase di accudirlo nell’alimentazione, alla fase dell’autoalimentarsi, tenendo presente che i bambini tendono all’indipendenza e possono mangiare di più e con maggiore soddisfazione se lasciati fare da soli una volta appresa la relativa capacità. Una certa regolarità negli orari e nelle condizioni dei pasti, il creare un atmosfera gioiosa e accattivante, rende la durata del pasto, via via più breve con la crescita del bambino, un piacere ed un’occasione per rinforzare il legame madre-figlio a tutto vantaggio del consumo adeguato del pasto. Un possibile rifiuto dell’alimento da parte del bambino deve essere gestito con garbati incoraggiamenti e senza forzature, se si vuole limitare ad episodi passeggeri queste evenienze e garantire un duraturo consumo di tutta la pappa. Da ultimo è bene ricordare che il genitore deve saper sorvegliare con attenzione la corretta ingestione e deglutizione del cibo ed evitare di somministrare cibi potenzialmente pericolosi in tal senso.