Antibiotici in Pediatria: aumentano le resistenze batteriche
Gli antibiotici vanno assunti in presenza di infezioni batteriche e non virali, come sono spesso influenze e raffreddori. Ecco, in sintesi, quanto emerge dai lavori del 70° Congresso Italiano di Pediatria tenuto a Palermo dall’11 al 14 giugno. In Italia gli antibiotici sono i farmaci più usati in età pediatrica, specie per il trattamento delle infezioni respiratorie, e secondo i dati dell’Osservatorio Arno vengono utilizzati nel 42% dei bambini di età inferiore ad 1 anno, dal 65% tra i 2 e i 5 anni, dal 41% tra 6 e 11 anni e dal 33% degli adolescenti tra 12 e 13 anni. Ma non è tutto: l’Italia è tra i Paesi europei con i livelli più elevati di antibiotico-resistenza, aumentata dal 21% del 2003 all’attuale 35%. «Gli antibiotici sono farmaci preziosi ma vanno usati e con equilibrio. È fondamentale che prima di prescriverli ci sia una diagnosi certa di infezione verosimilmente batterica da parte del pediatra, altrimenti si corre il rischio, come sta accadendo nel nostro Paese, che alcuni di questi farmaci spesso abusati, perdano di efficacia» esordisce Paola Marchisio, pediatra al Policlinico di Milano. Le recenti linee guida approvate dalla Consensus Confererence del 2013 sull’impiego giudizioso della terapia antibiotica nelle infezioni delle vie aeree in età pediatrica indicano comunque che l’antibiotico è necessario in molti casi, tra cui l’otite media acuta, la rinosinusite, la polmonite e la meningite. Aggiunge Susanna Esposito, Direttore della Pediatria ad alta intensità di cura dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e Presidente della SITIP, la Società italiana di infettivologia pediatrica: «Raccomandiamo sempre ai genitori che in caso di prescrizione medica di antibiotico, questo venga assunto in modo corretto. Il fai da te va evitato: questi farmaci devono essere somministrati ai dosaggi raccomandati dal pediatra, con il numero di dosi indicate nell’arco della giornata e per tutto il tempo utile ad ottenere la completa eliminazione dei batteri che hanno causato la malattia, di solito non meno di 7-10 giorni».
Da Pediatria33 del 23/06/2014.